Lasciarsi portare in disparte

Traccia di preghiera sul Vangelo della XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Il tuo ascoltare in che condizioni versa? C’è qualcuno che se ne prende cura? Per scoprirlo, sei disponibile a lasciarti portare in disparte?

Indicazioni metodologiche
  • È una traccia di preghiera sulle letture della domenica, in particolare sul Vangelo, ispirata alla tradizione degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola.
  • Presuppone la lettura del Vangelo corrispondente: se omessa, la traccia che segue è priva di senso e si trasformerà in una presa in giro di se stessi.
  • È predisposta in maniera tale da cercare di favorire il tuo coinvolgimento, il tuo apporto, il tuo contributo.
  • Per la durata di questa preghiera, propongo i seguenti criteri:
    • criterio del gusto interiore: farla durare sin quando ci dà gusto, ci coinvolge, ci intriga.
    • criterio quantitativo minimo: non meno di 10 minuti.
    • criterio quantitativo massimo: non più di 60 minuti.
  • Non devi approfondire ogni spunto e domanda della traccia. La raffica di spunti e domande è per aiutarti a trovare il tuo filo conduttore. Soffermati dove ti senti toccato, dove senti coinvolgimento, dove avverti un richiamo. La tua preghiera passa in maniera decisiva dall’attenzione a questi movimenti interiori. Passa ad un altro punto della traccia solo quando hai ben gustato il precedente.
  • Puoi impiegare la traccia con diverse modalità, prestando attenzione al tuo bisogno
    interiore: una sola volta, per più giorni, per una settimana intera.
  • Puoi adoperarla anche insieme ad altri: in tal modo, dopo la fase personale, è poi possibile condividerne i frutti. Alcuni stanno sperimentando la traccia in gruppi.
  • Alla fine della preghiera, prendi qualche appunto scritto (su carta, in un file, ecc.) sull’esperienza spirituale vissuta.
  • Pregando sulla traccia, ti faranno compagnia tante sensazioni in ordine sparso, tipo “Non ci capisco niente!”, “Quante domande…”, “Io sono in cerca di risposte chiare e complete e qui trovo solo domande e tante…”, “La struttura della preghiera è strana”, “Alcuni passaggi risultano macchinosi…”, “Mi restano alcune immagini e non capisco perché”, “Sono affiorati diversi ricordi, belli e meno belli: che senso ha?”
  • Non solo: ti potrà capitare di ritornare in maniera spontanea sulla traccia mentre sei impegnato nelle tue corse o di essere raggiunto ancora da essa.
Sai come si chiama tutto questo?
Preghiera.
La tua.
Sì, starai pregando.
Continua.
Testo del Vangelo…
Dal Vangelo secondo Marco (7,31-37)
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

*Foto di wgbieber da Pixabay


Preghiera preliminare

Chiedere a Dio nostro Signore la grazia che per la durata della preghiera tutte le mie intenzioni, il mio agire e la mia dimensione interiore non si disperdano in mille distrazioni, ma siano dedicate solo all’incontro con Lui: è possibile ed è bello.

Primo passaggio introduttivo

Consiste nel comporre il tema della preghiera. Qui sarà lo stare in disparte.

Secondo passaggio introduttivo

Consiste nel domandare al Signore quello che voglio e desidero. Qui, in particolare, gli chiedo di comprendere i significati che può assumere lo stare in disparte.

Primo punto

La scena del Vangelo si svolge in una città della Decàpoli, un’importante regione commerciale, politica e culturale del Medio Oriente. La popolazione è di salda tradizione pagana e, quindi, a differenza degli ebrei, crede in più divinità.

Gesù, sempre più, sta prestando attenzione anche a queste realtà. Il brano lo ritrae mentre sta incontrando la gente del posto che accorre numerosa. In quel momento, è considerato come uno dei tanti maestri ebrei e c’è curiosità per le voci sui miracoli che gli vengono attribuiti.

L’incontro avviene in un luogo conveniente ad intercettare la vita e le relazioni di quella città, uno spazio aperto, uno snodo, una delle “piazze”. Nella vita sociale, ci sono dei luoghi di riferimento, ma non tutti li vivono bene. C’è chi vi interagisce con fatica, tra attrazione e resistenza, perché sperimenta crescenti difficoltà di comunicazione, essendo sempre più complicato capire e farsi capire.

All’improvviso, davanti a Gesù, si rende presente un uomo, proprio uno di quelli che vivono una situazione di conflitto con quella “piazza”, con quel luogo di socialità: è un sordomuto. Non è lì di sua iniziativa. Non ha chiesto a nessuno di aiutarlo ad essere in quel posto. Nonostante la sua ritrosia a quel contesto, viene letteralmente “portato”, da alcuni, di fronte a Gesù.

Chi sono costoro che portano quest’uomo da Gesù, interrompendo, addirittura, il suo incontro e pregandolo di imporgli la mano? Da dove sbucano fuori? Sono persone prossime a lui? Sono i discepoli di Gesù? Che cosa li ha spinti a questo gesto?

Oppure è un movimento interiore di quell’uomo a portarlo lì? Potrebbe essere una illuminazione? La solitudine? La disperazione? Cosa ti porta davanti a Gesù?

Secondo punto

Il sordomuto si ritrova, suo malgrado, trascinato di fronte a Gesù. Si stanno guardando negli occhi. Che cosa sta provando? Sta meditando di allontanarsi, il prima possibile, da quella situazione oppure sta guadagnando tempo, per cercare di capire che cosa sta accadendo?

L’indicazione circa la sua condizione di sordo e di muto ha lo scopo di descrivere, semplicemente, una diversa abilità psico-fisica oppure offre l’opportunità di riflettere su una situazione antropologica?

C’è una sordità e, di conseguenza, un mutismo interiori, esistenziali che possono riguardare ciascuno di noi e che influiscono sulla nostra vita e sulle nostre relazioni? Quali sono le possibili cause?

Come si configura questa incapacità crescente nell’ascoltare, dalla quale scaturisce l’impossibilità di parlare, di comunicare pienamente, di dialogare? In una condizione come questa, come si vive? Come diventa la vita di relazione?

Terzo punto

Gesù, dal canto suo, si rende conto, piano piano, che quella piazza, pur adatta all’incontro pubblico che sta vivendo con la gente, non aiuta nell’interazione con quell’uomo.

Ad un certo punto, qualcosa inizia a muoversi. Gesù comincia ad avere la fiducia del sordomuto e così, con delicatezza, lo conduce in disparte, lontano dalla folla presente in piazza. Con le dita e con la saliva lo tocca, compiendo dei gesti molto confidenziali. Poi, guardando verso il cielo, fa un sospiro e gli dice: «Effatà», cioè: «Apriti!».

E subito al sordomuto gli si aprono gli orecchi, si scioglie il nodo della sua lingua e finalmente è di nuovo in grado di ascoltare e di parlare, di interagire, di entrare in relazione con gli altri.

Che cos’è successo? Cosa ha reso possibile questo epilogo? Cosa rappresenta quel gesto di prendere quell’uomo in disparte?

C’è un passaggio decisivo in uno dei gesti compiuti da Gesù che favorisce la guarigione oppure è la dinamica complessiva a portare a questo esito? Quant’è il tempo che il sordomuto ha avuto a disposizione per fidarsi di Gesù? Quanto tempo il Signore ci concede per fidarci di lui?

In cosa consiste quello stare in disparte con Gesù? Dove lo si può vivere? Cosa lo rende possibile? Che cosa vi si sperimenta? Cosa comporta il ritornare ad ascoltare ed a parlare? In cosa si differenzia dall’ascoltare e dal parlare precedente?

Il tuo ascoltare in che condizioni versa? Ti senti a tuo agio nella “piazza” del villaggio? Nella scena, la piazza della vita e delle relazioni è e rimane sempre la stessa: che cosa quel giorno ha fatto la differenza? Che cosa può farla, oggi, nella piazza principale della tua vita?

Colloquio

Conversare amichevolmente con il Signore. In particolare, Lo ringrazio perché ci fa riflettere sui condizionamenti che sperimentiamo nel nostro modo di interagire, soprattutto nell’ascolto e nella comunicazione, e su come sia possibile liberarcene per vivere pienamente la relazione con Lui e con gli altri. Concludo con un’Ave Maria.

Cliccando sull’icona è possibile scaricare la traccia di preghiera in formato pdf.
(Istruzioni per la stampa)

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